Food Forest (Giardino Commestibile)

food forest giardino commestibile

 

Introduzione alla Food Forest

Il bosco è un ambiente fertile e ricco di vita, dove le piante prosperano anche senza l’intervento di un coltivatore. Un bosco non ha bisogno di trattamenti, irrigazioni, concimazioni o potature. Le dinamiche naturali provvedono in altro modo.
Possiamo prendere a modello questo sistema, introducendo nel nostro bosco piante utili ai nostri bisogni, in modo da ottenere un raccolto senza bisogno di manutenzione.
(da “Introduzione alla Food Forest” di Stefano Soldati)

 

Cos’è una Food Forest?

Una Food Forest è un sistema che si ispira al bosco e che cerca di produrre il massimo di cibo, fibre e legna, per soddisfare i nostri bisogni.
Noi la chiamiamo Food Forest, perché richiama il concetto di cibo, ma ci sono altre funzioni altrettanto importanti che le piante possono darci, dalla legna alle fibre.
Nella nostra foresta ci siamo noi, ci sono le piante, ma troviamo anche altri esseri, che hanno bisogno di alimentazione e ricovero. Sono parte funzionale di questo sistema, che dev’essere un ambiente in equilibrio. Quindi dobbiamo considerare anche animali, micro organismi e macro organismi che fanno parte di questo sistema complesso.
Ci sono diverse definizioni che si possono dare: in inglese si usa Forest Gardening o Forest Garden. Il termine “Garden”, che noi di solito traduciamo come giardino, in realtà significa anche orto. In italiano con giardino intendiamo solo il bello, l’estetica, e non intendiamo invece il cibo (orto), in inglese invece è un termine solo che racchiude i due significati, le due funzioni.
Quindi possiamo tradurre come foresta di cibo, foresta alimentare o anche giardino commestibile. Il concetto è far riferimento a un sistema complesso, dove abbiamo produzione di alimenti per noi, che siamo artefici di questa di questa foresta.
È importante specificare che questo non ha bisogno di essere coltivato con interventi continui come l’orto, dove noi andiamo a coltivare ogni anno, ripetendo le operazioni di semina e trapianto.
L’idea di Food Forest è un sistema permanente, dove andiamo a piantare delle piante da frutto e anche piante erbacee, ma privilegiando le specie perenni o perennanti (ovvero quelle che permangono più anni e quelle che si auto riproducono).
Come tutti i boschi non si tratta di sistemi statici, quindi ci saranno piante che muoiono e piante che nascono. Si interverrà tagliando una pianta secca, andando a piantare e trapiantare una nuova pianta o integrando dove vedo che si creano spazi più aperti, posso intervenire anche con un minimo di manutenzione, magari annuale.
La manutenzione intesa come potature, trattamenti, interventi continui, come quella che faccio in orto e frutteto, non fa parte del concetto di Food Forest.
La Food Forest nasce per autoconsumo, per soddisfare il fabbisogno che può avere una famiglia, o un gruppo di persone. Si distingue dalla produzione per ottenere un reddito, questo si riflette nella scelta delle piante, delle varietà, nei sesti d’impianto e nelle tecniche di potatura e coltivazione.

 

Prendere a Modello la Natura

Da sempre l’essere umano è stato fortemente connesso con l’ambiente e con la natura, negli ultimi decenni, abbiamo aumentato il divario tra attività antropiche e ambiente. E purtroppo ne stiamo vedendo i risultati. Dobbiamo considerare le piante come esseri viventi, in stretta connessione con noi esseri umani.
Vorrei trasmettere un altro approccio nei confronti delle piante. Noi dipendiamo dai vegetali molto più di quanto immaginiamo, il rispetto per questi esseri viventi è importante. Fare un giardino puramente estetico può essere anche bello ma risulta molto artefatto. Dobbiamo recuperare la bellezza dei sistemi naturali e la Food Forest va in quella direzione.
(da “Introduzione alla Food Forest” di Stefano Soldati)

 

Tre Criteri Importanti

Nel pensare a una Food Forest abbiamo tre criteri direttamente ispirati dal sistema bosco, che ci fanno da linee guida:

  1. Prevalenza di piante perenni e perennanti, cioè piante che una volta messe a dimora, si instaureranno e le potremo ritrovare anche negli anni successivi, senza doverle ripiantare. Importante è pensare che nel bosco non vado a coltivare tutti gli anni, come avviene nell’orto.
  2. Un sistema in divenire. Il bosco non è un sistema statico, ma in continuo divenire, ossia c’è sempre un ricambio. Piante vecchie che muoiono, cadono e lasciano spazio, luce e nutrienti alle nuove piantine che inizieranno a svilupparsi prendendo il loro posto. In una food forest dobbiamo considerare di poter piantare ogni anno qualche pianta nuova per sostituire quelle morte o eventualmente tagliate perché non ben sviluppate o non di nostro gusto.
  3. Varietà e biodiversità. In un bosco generalmente si riconoscono diversi componenti: gli alberi grandi che determinano la struttura, quelli medi arbustivi, le piante più piccole cespugliose, vegetazione erbacea e quella strisciante, detta tappezzante, le radici e le rampicanti, nonché quelle acquatiche quando abbiamo presenza di stagni o laghetti e i funghi. Oltre ai molti elementi vegetali troviamo poi microrganismi, insetti, animali. Ogni elemento è parte integrante dell’ambiente e l’obiettivo è rendere il sistema quanto più complesso possibile. La biodiversità che comporta una ricchezza di elementi differenti che entrano in relazione tra loro e rendono stabile il nostro ecosistema.
    (da “Introduzione alla Food Forest” di Stefano Soldati).

 

Le Funzioni della Food Forest

La Food Forest è interessante perché è un sistema che ha bisogno di poca manutenzione, poche cure e attenzioni, ed è estremamente produttivo quando entra a regime. Anche senza dover intervenire con prodotti, energia, attrezzi, riusciamo ad avere una grande produzione.

I sistemi forestali hanno il massimo dell’efficienza a livello di produttività, intesa come produzione di biomassa. Quindi quando noi riusciamo a produrre cibo all’interno della nostra foresta, diventa ancora più interessante.

Nella Food Forest vogliamo impostare un ambiente che risponda a una serie di nostri bisogni, abbia quindi delle funzioni utili per noi.

Il cibo è la prima esigenza, questo ci accomuna. Produrre cibo, tutto quello che in un sistema complesso possiamo raccogliere è quindi una funzione primaria. Ci sono però tante altre funzioni che possiamo creare.

Tra le funzioni positive è da citare il benessere. Quando entriamo in un bosco stiamo bene, è piacevole. Sicuramente è un effetto che possiamo avere a livello psicologico, ma ci sono studi interessanti di medicina forestale, che stanno dimostrando che il nostro organismo percepisce qualcosa a livello fisiologico entrando in un bosco. Misurando prima e dopo l’ingresso nel bosco cambiano parametri come battito cardiaco e pressione. In Giappone se ne parla da anni.

 

Quali funzioni abbiamo in una Food Forest?

Questo dipende da come la progettiamo. Quando piantiamo una pianta o seminiamo stiamo facendo qualcosa di buono per noi, ma anche per il sistema. Lo sviluppo che prenderà il nostro progetto dipende molto dalle nostre esigenze, che possono essere molteplici.

Ad esempio:

  • Produzione di cibo;
  • Realizzare uno spazio bello e piacevole (benessere psicofisico per noi e per chi frequenta la Food Forest);
  • Produzione di legna da ardere;
  • Produzione di legno da opera per mobili;
  • Piante tintorie;
  • Piante aromatiche;
  • Piante officinali, magari estrarre degli oli essenziali;
  • Piante da fibra, per intrecciare.

Funzioni possono essercene tantissime ancora. Ad esempio chi ha uno spazio e ha bisogno di ospitare gente potrebbe creare piazzole per tende.

Tutto questo è da considerare in progettazione: se avrò da mettere tende piuttosto che percorsi didattici. Se questi percorsi saranno adatti a bambini, adulti o magari persone con difficoltà a deambulare.

Una caratteristica interessante è l’autonomia che il sistema sviluppa: all’interno dello spazio Food Forest troviamo gli oggetti che servono ad esempio per pratiche agricole: materiale per legacci oppure per pacciamatura.

Bisogna pensarne tante e man mano integrare aggiungendo piante e funzionalità. Ad esempio il salice da cui ricavare i manici degli attrezzi. I contadini con il buonsenso hanno sempre guardato la multifunzionalità. Con questo buonsenso contadino è stata nutrita l’umanità per migliaia di anni, lavorando con grande efficienza.

Altra funzione ad esempio è una Food Forest su terreni degradati, che lavori in direzione di bonifica. Si possono inserire funghi o piante utili in questa cura del suolo.

Possiamo utilizzare piante fitodepuratrici, per depurare acqua.

Un esempio: sto vicino a un fiume che spesso esonda portando sostanza organica. Ho creato una griglia con piante di nocciolo capace di trattenere questa sostanza organica che costituisce un compost naturale e che posso poi raccogliere e impiegare.
Uno dei principi della Permacultura è “il limite sta nella nostra immaginazione”.
Più riusciamo a scrollarci di dosso gabbie mentali e culturali che abbiamo, più riusciamo a vedere veramente le grandi opportunità che la natura ci offre.

(da “Introduzione alla Food Forest” di Stefano Soldati)

 

Food Forest e Permacultura

Cos’è la Permacultura? Chiedendo a mille permacultori si ottengono 2000 definizioni, spesso non in sintonia tra loro.

Per me la Permacultura è un approccio, un modo di vedere le cose, di pensare e di agire in modo sostenibile. Quindi in direzione di ridurre l’impatto degli esseri umani sull’ambiente. Quindi non è una tecnica agricola, non prevede soltanto la produzione di cibo, ma è un approccio.

All’interno di questo approccio, per quanto riguarda la produzione del cibo, la Food Forest è una delle possibilità per prodursi del cibo buono, sano e in equilibrio con l’ambiente. Una produzione sostenibile, ossia che possa avere una continuità nel tempo.

La Food Forest è un’ottima applicazione dei principi della Permacultura.
Poi tecnicamente io potrò utilizzare tecniche di agricoltura biologica, sinergica, sintropica, tutto quello che vogliamo. La Permacultura non è una tecnica agricola.

(da “Introduzione alla Food Forest” di Stefano Soldati)

 

Cos’è la Permacultura?

La permacultura è un sistema di progettazione per la creazione di insediamenti umani sostenibili.

Origine del termine
Il termine deriva dalla contrazione non solo di “permanent agriculture” ma anche di “permanent culture” dal momento che una cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola sostenibile e un’etica dell’uso della terra.

Principi e obiettivi
La permacultura valorizza le qualità intrinseche di piante e animali, unite alle caratteristiche naturali dell’ambiente e alle peculiarità delle infrastrutture al fine di creare – in città e in campagna – sistemi in grado di sostenere la vita utilizzando la minore superficie possibile di terreno.

Si basa sull’osservazione dei sistemi naturali e utilizza sia la saggezza dei metodi di coltivazione tradizionali, sia le moderne conoscenze scientifiche e tecnologiche. Anche se è basata su solidi modelli ecologici, la permacultura crea comunque un ambiente coltivato, progettato per produrre alimenti per uso umano o animale in misura maggiore rispetto a quanto avviene generalmente in natura.

È una disciplina che lavora con, piuttosto che contro la natura, basata sull’osservazione prolungata e ponderata, piuttosto che sull’azione protratta e irriflessiva. È una filosofia che prende in considerazione il ruolo produttivo di piante e animali nel loro complesso, evitando di trattarli come sistemi capaci di generare un unico tipo di prodotto.

Usufruisce dei flussi energetici già esistenti in natura e delle risorse naturali presenti in grandi quantità, in modo che per la loro produzione non sia necessario distruggere la vita sul pianeta.

Lo scopo è la creazione di sistemi ecologicamente ben strutturati ed economicamente produttivi, in grado di provvedere ai propri fabbisogni, evitando ogni forma di sfruttamento e inquinamento e quindi sostenibili sul lungo periodo.

Etica
La permacultura adotta un’etica a tre dimensioni: cura della terra, cura delle persone e investimento del surplus di tempo, denaro e materiali al fine di realizzare questi obiettivi.

Cura della terra significa attenzione a tutti gli esseri viventi e non: terreni, specie vegetali e loro varietà, atmosfera, foreste, micro-habitat, animali e corsi d’acqua.

Cura della terra significa anche rispetto dei bisogni fondamentali dei suoi abitanti in fatto di cibo, abitazione, istruzione, lavoro soddisfacente e rapporti sociali. L’attenzione ricolta agli esseri umani è importante perché hanno un grande impatto sul pianeta. Se riusciamo da noi stessi a provvedere ai nostri bisogni fondamentali, non avremo bisogno di indulgere in pratiche distruttive su larga scala contro il pianeta.

La terza componente dell’etica fondamentale della permacultura è l’idea di mettere a disposizione tempo, denaro ed energia in eccedenza a favore della cura della terra e delle persone.

La chiave è la cooperazione, non la competizione.

Pianificazione a zone

“Pianificare a zona” significa disporre gli elementi di un sistema secondo la frequenza d’uso e di manutenzione. Le aree in cui ci si reca quotidianamente vanno collocate nelle vicinanze dell’abitazione, quelle meno utilizzate vanno poste più lontano.

La divisione in zone viene definita prendendo in considerazione quante volte occorre visitare l’elemento per operazioni di raccolta o altro e quante volte quello stesso elemento ha bisogno che noi gli facciamo visita.

  • La zona 0 è il centro dell’attività (casa, stalla).
  • La zona I è quella situata nelle immediate vicinanze della casa. È l’area più controllata e intensamente utilizzata (orto, vivaio).
  • La zona II è anch’essa intensamente curata e densamente coltivata (piante officinali, piccoli arbusti).
  • La zona III ospita alberi da frutto e colture principali.
  • La zona IV è poco curata, semiselvaggia, adatta alla raccolta di frutti selvatici.
  • La zona V è un’area lasciata allo stato naturale oppure solo lievemente gestita dall’uomo.

 

Food Forest e Orto

Orto e Food Forest sono due principi di coltivazione diversi ma che si possono integrare bene. Nel bosco di Ogigia la Food Forest ha sempre lasciato spazio all’orto, ma col tempo mi sono accorta che la Food Forest invade sempre più l’orto con funzioni utili.

Sicuramente l’orto e la Food Forest sono qualcosa che nasce da approcci profondamente diversi:

  • Food Forest: sistema pensato per essere permanente e con bassa manutenzione.
  • Orto: sistema annuale che deve essere riseminato e che è un susseguirsi di manutenzioni. Anche alberi da frutta in sistemi di coltivazione vengono gestiti con potature, per contenerli e indirizzarli piegandoli tramite manutenzioni costanti al volere del coltivatore.

In realtà tra questi due approcci differenti possono essere interessanti integrazioni, ne è esempio il Bosco di Ogigia, dove pezzi di orto compaiono tra la food forest e viceversa. La presenza di alberi fornisce ottima pacciamatura naturale e protezione estiva, particolarmente importante con il cambiamento climatico.

La Food Forest in quanto ambiente naturale, porta con sé biodiversità che fornisce un grande vantaggio anche per l’orto. Ospitando fauna e insetti utili, generando un ecosistema che diventa positivo in ottica di coltivazione biologica dell’orto, gestito con metodi naturali e non ispirandosi all’agricoltura convenzionale basata su trattamenti, diserbo e monocoltura.

Questa biodiversità si rivela particolarmente preziosa per l’orto se viviamo in un contesto molto urbanizzato o inserito in contesti di agricoltura convenzionale, dove abbiamo un circondario povero in biodiversità e ricreare un ambiente naturale come la Food Forest diventa ancora più importante.

(da “Introduzione alla Food Forest” di Stefano Soldati)

 

Consigli per progettare una Food Forest

Se vogliamo realizzare una Food Forest serve per prima cosa tanto entusiasmo, tanta voglia di dare vita a dei sistemi complessi pieni di interazioni.

Sarebbe buona cosa avere un po’ di terra, un pezzetto di terra grande o piccolo. I sistemi possono essere complessi anche in piccole dimensioni, come nelle grandi estensioni. Chiaramente saranno sistemi diversi: dove abbiamo grandi estensioni possiamo avere più piante grandi.

Per fare un esempio il melo, potremmo avere varietà diverse che ci diano una produzione scalare per anni. Se invece ho un piccolo pezzetto di terra potrò mettere un’unica pianta di melo, però posso mettere tante piante piccole e avere comunque produzione di cibo, aromi e fiori, raccogliendo quello che mi può servire.
Perché io posso lavorare con piante perenni, erbacee, a radice, piante cespugliose, quindi anche piante relativamente piccole, da inserire in grande numero su superfici limitate. L’importante è avere dei criteri nell’impostare il nostro sistema.

Partendo da un sistema mono colturale, come un uliveto, un vigneto o un frutteto convenzionale, dove magari qualcuno prima di noi ha usato pesticidi, possiamo comunque fare una buona conversione. Magari ci vorrà tempo: dobbiamo disintossicare il nostro terreno, per andare verso questo equilibrio di cui abbiamo bisogno. Non è solo un equilibrio tra piante ma è proprio un sistema complesso.

Dobbiamo considerare il suolo. Ci sono nel terreno una miriade di esseri viventi, la cui presenza è importante. Quando parto da un sistema semplificato, come quello di campi coltivati, si è persa molta di questa biodiversità, che è la vera ricchezza che contribuisce alla fertilità della terra. Quindi il lavoro da fare è ripristinare questi equilibri, aggiungendo nuove piante, seminando diverse specie, scegliendo miscugli di piante che abbiano funzioni diverse, in modo tale da pian piano ripristinare il nostro sistema.

Io non sono per tagliare tutto e rifare tutto ex novo, possiamo iniziare a inserire piante che siano complementari a quelle che già ci sono e vedere come integrarle anno per anno.

Se noi vogliamo imparare a fare una Food Forest, ovvero riportare in equilibrio un sistema, dobbiamo farlo come lo farebbe la natura. La Permacultura parte dall’osservazione. La natura, a parte le catastrofi, è molto graduale nei cambiamenti: le foreste, i sistemi naturali si evolvono lentamente.

Noi non abbiamo i tempi che ha la natura quindi dobbiamo un po’ accelerare, però osservando la natura possiamo capire come possiamo intervenire in un sistema che può esser stato appiattito e semplificato da anni di monocoltura. Ecco che lentamente (lentamente per noi, non per la natura), possiamo andare ad affiancare nuove piante di differenti dimensioni, ricreando questa biodiversità, tanto necessaria e utile per tutti noi.

Lo stesso vale anche partendo da un sistema già esistente, un sistema forestale come può essere un piccolo bosco o un grande bosco. Posso intervenire sempre come farebbe la natura: in un bosco ogni tanto qualche pianta muore, e in seguito, cadendo, libera gli spazi, quindi lascia entrare luce e fornisce disponibilità di nutrienti.

Questi spazi verranno occupati da altre piantine, che cresceranno integrandosi al sistema esistente. Anche noi invece di radere al suolo il bosco perdendo un equilibrio esistente possiamo agire gradualmente, sostituendo man mano le piante con altre specie che hanno funzioni per noi interessanti.

Partendo da un bosco pensiamo per prima cosa ai frutti di bosco: lampone, more, mirtilli, fragole, con cui in brevissimo tempo possiamo ottenere frutto. Ci sono poi molte altre piante, alcune vivono bene in ombra, per cui possono stare nell’interno del bosco, altre chiamano la penombra e possiamo inserirle ai margini del bosco. Alcune piante ci daranno frutta rapidamente, altre chiedono tempo per arrivare a fruttificare.

 

I Livelli della Food Forest

Quando noi osserviamo un bosco notiamo che è pieno di piante, sono la prima cosa che vediamo e possiamo notare che ci sono tanti tipi di piante, di diverse dimensioni e portamento.
A prima impressione vediamo le piante grandi, sono quelle che danno la struttura alla nostra foresta. Ci sono poi delle piante intermedie, altre più piccole, arbustive o cespugliose. Spostandoci a livello del terreno vediamo specie erbacee e piante tappezzanti, mentre le radici sviluppano sotto terra la parte per noi importante. Un altro genere di piante sono le lianose o rampicanti, dove ci sono punti d’acqua possiamo poi individuare piante acquatiche.
Queste definizioni non sono rigide, ogni distinzione non è delimitata in modo netto. L’importante progettando è capire l’indole che possono avere piante lasciate crescere spontaneamente e ragionare sui diversi livelli che compongono la foresta. Possiamo quindi popolare il nostro bosco con piante commestibili a ogni livello.
Qualche esempio:
Piante Grandi (Canopy Layer): querce, frassini, faggi, si potrebbero rimpiazzare con alberi da frutto quali castagno, melo, pero, ciliegio o altre piante che possano raggiungere grandi dimensioni. È vero che essendo abituati a vedere impianti di meli o peri di dimensioni ridotte, siamo portati a pensare che tali piante siano molto piccole e non possano essere paragonate a una quercia; ma questo è dovuto al fatto che nella frutticoltura convenzionale vengono scelte appositamente piante nanizzate, che abbiano quindi uno sviluppo limitato per facilitare le operazioni colturali quali potature, trattamenti, raccolte, ecc L’indole però di un melo o di un pero invece sarebbe quella di crescere parecchio, fino a venti metri in altezza, sviluppando una chioma poderosa. Le vecchie varietà facevano esattamente questo.
Piante Medie (Low Tree Layer): i susini, gli albicocchi, gli agrumi, i fichi, i melograni; insomma tutte le piante che hanno uno sviluppo contenuto e difficilmente diventeranno enormi.
Arbusti (Shrub Layer): sono quelle essenze che hanno un fusto legnoso, ma rimangono di taglia ridotta, come molte aromatiche quali rosmarino, salvia, lavanda, ma anche lamponi, ribes, mirtilli, more (magari da giardino, quelle senza spine).
Erbacee e Piante da Foglia (Herbaceous Layer): potrebbero essere l’erba cipollina, il tarassaco, le varie cicorie selvatiche, la melissa, la malva, ecc.
Specie Tappezzanti (Groundcover Layer): le fragole, le mente, il trifoglio bianco, il timo, che coprono il terreno con uno sviluppo orizzontale.
Rizomatose, Bulbose, Tuberose (Rhizosphere): citiamo i topinambur, la bardana, le carote selvatiche, la valeriana, il rafano, l’aglio selvatico, ecc.
Lianose e Rampicanti (Vertical Layer): il luppolo, i cui fiori vengono utilizzati per aromatizzare la birra, in primavera fornisce degli ottimi germogli; la vite e il kiwi.
Piante Acquatiche: la lenticchia d’acqua, commestibile cruda in insalata; la typha, detta anche mazza sorda, che offre radici carnose, ottimi germogli e la stessa mazza, altamente proteica, può essere mescolata nell’impasto per farne torte, pane o biscotti.
Funghi: possono essere coltivati inoculando micelio su tronchi che verranno accatastati in una zona ombrosa e fresca della nostra Food Forest.

 

Le Piante nella Food Forest

Il giardino commestibile è organizzato ad imitazione della Natura nella sua complessità, una scelta che permette di mantenere l’omeostasi e di conseguenza una buona salute. Uno dei cardini della complessità è certamente la biodiversità. Per questo nella scelta delle piante non dobbiamo limitarci alle specie autoctone. Le piante sanno viaggiare e lo fanno da prima dell’arrivo dell’essere umano, attraverso il vento, l’acqua e gli animali. Il nostro lavoro è soprattutto quello di creare microclimi, in cui poter integrare piante venute da lontano o specifiche di altri climi, e quello di organizzare le piante in comunità, comunità che sanno vivere bene insieme, senza che una specie soffochi o sopraffaccia l’altra. Inoltre, la scelta delle varietà da seminare, trapiantare o piantumare, non deve essere effettuata solo badando alle nostre esigenze, ma anche in modo da mantenere un suolo fertile e da mantenere in salute la flora e la fauna del luogo.
La lista che presenterò non è esaustiva, ma solo indicativa di alcune funzioni importanti, legata alle esperienze e alla consultazione di diversi volumi botanici.

 

Le Piante nella Food Forest

Il giardino commestibile è organizzato ad imitazione della Natura nella sua complessità, una scelta che permette di mantenere l’omeostasi e di conseguenza una buona salute. Uno dei cardini della complessità è certamente la biodiversità. Per questo nella scelta delle piante non dobbiamo limitarci alle specie autoctone. Le piante sanno viaggiare e lo fanno da prima dell’arrivo dell’essere umano, attraverso il vento, l’acqua e gli animali. Il nostro lavoro è soprattutto quello di creare microclimi, in cui poter integrare piante venute da lontano o specifiche di altri climi, e quello di organizzare le piante in comunità, comunità che sanno vivere bene insieme, senza che una specie soffochi o sopraffaccia l’altra. Inoltre, la scelta delle varietà da seminare, trapiantare o piantumare, non deve essere effettuata solo badando alle nostre esigenze, ma anche in modo da mantenere un suolo fertile e da mantenere in salute la flora e la fauna del luogo.
La lista che presenterò non è esaustiva, ma solo indicativa di alcune funzioni importanti, legata alle esperienze e alla consultazione di diversi volumi botanici.

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